Tra Giulio Nepote e Romolo Augustolo vince Odoacre, il barbaro

L’impero romano d’Occidente comincia a decadere in maniera inesorabile già almeno un secolo prima della data convenzionale della sua fine, fissata nel 476 d.C. Roma era stata particolarmente efficiente nell’integrare popolazioni di culture molto diverse. Ma ora questo meccanismo di assorbimento sociale e culturale non funziona più bene: si riversano nei territori dell’impero gruppi di barbari che non vogliono integrarsi. Il sacco di Roma dei Visigoti con Alarico nel 410 e dei Vandali con Genserico nel 455 sono la manifestazione più evidente della crisi dell’impero. Roma viene lasciata in balia degli eventi e la corte imperiale si trasferisce a Ravenna. Gli ultimi imperatori sono figure deboli , succubi dell’esercito, guidato da generali di origine barbara, e della supremazia di Costantinopoli , capitale dell’impero romano d’Oriente. Nel 474 Costantinopoli impone all’occidente la nomina a imperatore del generale Giulio Nepote che però viene destituito l’anno successivo per opera di un altro generale, il capo delle milizie Flavio Oreste che vi insedia il figlio tredicenne Romolo Augustolo.
L’imperatore oramai però ha il controllo solo sull’Italia e sul Norico, mentre il resto dei territori occidentali sono sotto il controllo dei barbari. Costantinopoli però non riconosce Romolo: per lei l’imperatore legittimo resta Giulio Nepote, nel frattempo fuggito in Dalmazia. A rendere ancora più problematico il contesto ci sono i mercenari di origine germanica che riempiono le fila dell’esercito romano che, lasciati senza paga, sono in fermento: vogliono un terzo delle terre italiane da coltivare e la cittadinanza romana. Oreste però respinge le loro richieste. I soldati nominano come loro capo il re degli Eruli Odoacre e questi cinge d’assedio Oreste a a Pavia e lo uccide. Odoacre nel 476 costringe Romolo Augustolo a dare le dimissioni, lo manda in esilio a Napoli e il Senato romano si limita a prendere atto della situazione. Odoacre però decide di non assumere le insegne imperiali, ma tramite un’ambasceria le consegna all’imperatore d’Oriente Zenone, chiedendo per se il titolo di patrizio e il governo dell’Italia. La risposta di Zenone è ambigua: non sconfessa l’operato di Odoacre ma allo stesso tempo conferma che Giulio Nepote era il legittimo imperatore ed ed era a lui che occorreva fare richiesta per ottenere il titolo di patrizio Dal racconto appare evidente che si sta chiudendo un’epoca ma nessuno se ne accorge o per dirla con le parole dello storico Arnaldo Momigliano si assiste a “una caduta senza rumore”. L’impero infatti ha da tempo una nuova Roma: Costantinopoli, destinata a tenerne salde le redini per ancora un millennio

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