La polveriera dei Balcani tra Ottocento e inizio Novecento

Già dall’Ottocento nei Balcani si mescolavano, in un fitto intreccio di interessi politici, le rivendicazioni nazionalistiche della regione con gli appetiti delle grandi potenze europee. Gli scontri tra serbi, croati, macedoni e bosniaci erano anche occasione di intervento per Russia, Impero Austroungarico, Turchia, Germania, Gran Bretagna e Francia. Tra le provincie dell’impero ottomano, la Bulgaria venne ad acquisire una maggiore influenza e nel 1870 all’esarcato bulgaro fu attribuito il potere di controllo sull’attività religiosa di altre due province turca: l’antica Serbia (la parte sudoccidentale dei Balcani) e la Macedonia. Approfittando di questa situazione di privilegio, i bulgari diedero inizio a una intensa repressione nei confronti dell’elemento serbo che culminò a inizio Novecento in una feroce repressione con uccisioni indiscriminate di massa volta a offuscare la cultura serba e a nazionalizzarne gli abitanti.
Tale persecuzione provocò la reazione del neonato Regno di Serbia, divenuto indipendente nel 1882, che aspirava alla creazione di una Grande Serbia in cui riunire sotto la sua direzione in un unico stato tutti i serbi dei Balcani. La svolta in tal senso avvenne il 29 maggio 1903 quando a seguito di un colpo di stato militare furono uccisi il re di Serbia, Alessandro Obrianovic, e sua moglie, la regina Draga. A guidare la rivolta fu il capitano Dragutin Dimitrijevic, soprannominato Apis, che riuscì a far insediare sul trono serbo Pietro I Karagjorgjevic e ad instaurare un regime parlamentare. Apis, con la sua influenza sul re serbo, si fece promotore di una politica nazionalista ed espansionistica e riuscì ad inviare forze paramilitari nell’Antica Serbia e in Macedonia volte a contrastare i bulgari.
La Serbia aveva delle mire anche sulla Bosnia-Erzegovina, territorio fino al 1878 sotto il controllo dell’impero ottomano. In quell’anno nel congresso di Berlino venne stabilito che la Bosnia passasse sotto l’amministrazione dell’impero austroungarico, sebbene formalmente fosse ancora il sultano turco a detenerne la sovranità. Nel 1908 l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe I con un atto di forza ordinò che la Bosnia venisse annessa all’impero. La Germania appoggio la rivendicazione austriaca e ciò costrinse la Serbia ad accettare il fatto compiuto anche perché la sua alleata Russia non era in grado ai darle un adeguato appoggio politico e militare. La vicenda bosniaca contribuì ad incrinare i rapporti tra Russia e impero asburgico e ad avvicinare lo zar a Gran Bretagna e Francia. L’umiliazione subita accentuo il nazionalismo e il desiderio di rivalsa dei serbi che sfociò nella guerra: nell’ottobre 1912 la Serbia si unì a Bulgaria, Grecia e Montenegro contro la Turchia nella prima guerra balcanica costringendo i deboli ottomani a una rapida resa. All’interno della Lega balcanica si crearono contrasti sulla spartizione della spoglie dell’impero ottomano: in particolare la Bulgaria non volle riconoscere l’acquisizione da parte della Serbia della maggior della Macedonia. Di conseguenza nel giugno 1913 la Bulgaria attaccò i suoi vecchi alleati: la seconda guerra balcanica fu in particolare il culmine della rivalità tra serbi e bulgari e vide la Serbia ottenere l’agognata vittoria che le consentì di ottenere tutta la Macedonia nella pace di Bucarest dell’agosto 1913.
Le vittorie militari intensificarono il nazionalismo dei Serbi e con esso si rinfocolò il risentimento per l’annessione della Bosnia all’Austria-Ungheria. Il capitano Apis nel 1911 fondò l’organizzazione segreta “Unità o morte”, soprannominata anche Mano nera che aveva lo scopo di promuovere tra la popolazione le rivendicazioni serbe per la Bosnia e di propagandarle anche mediante azioni di terrorismo.
All’inizio del 1914 il governo asburgico annunciò imminenti manovra militare nel confine tra Bosnia e Serbia: per quest’ultima si trattava di una minaccia inaccettabile. A ciò si aggiunse la visita a Sarajevo, capitale della Bosnia, dell’erede al trono austriaco, l’arciduca Francesco Ferdinando, vista dai serbi come una ulteriore provocazione. L’organizzazione “Mano Nera” decise di passare all’azione e il 28 giugno 1914 compi un attentato a Sarajevo che uccise l’arciduca Francesco Ferdinando insieme con la moglie Sofia. Sarà l’episodio scatenante il primo conflitto mondiale.

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